Ho divorato Fiorello ieri sera, mi ci sono appassionato in queste settimane in un crescendo d'interesse. Fiorello – pur andando su un palcoscenico generalista (tanto, troppo generalista) credo incarni perfettamente la Rete.
Qualcuno ha avuto il tempo in queste settimane per rimbrottare il suo uso dell'hastag di Twitter nel titolo: in realtà l'adozione del cancelletto è stata una mera trovata grafica, che però nulla toglie al valore della produzione, anche in un'ottica di consumo online.
Oggi se un format è "web-oriented" non lo si percepisce da un cancelletto in più o in meno, ma dall'uso di un linguaggio che impasta amatorialità (la telecamerina nell'edicola al mattino o il "tormentone" della Lorenza Lei), immediatezza, spontaneità e sana spregiudicatezza. Con Fiorello emerge chiaramente (voluto o meno) un uso elatisco della scaletta, che lascia perciò spazio all'improvvisazione. C'è di più: lo stile che intrattiene con gli ospiti – seppur variando come registro dal sobrio e ampolloso all'informale – è pur sempre dialogico, conversazionale. E' in questo che Fiorello incarna la parte più nobile della Rete.