Ho guardato qualche spezzone di Michele Santoro ieri sera. Non ce l'ho fatta a vederlo tutto: lo riconosco, sono un debole, uno tremendamente stanco quando si arriva a sera (specie se sono in trasferta).
Continuo a chiedermi se quella di Santoro con Servizio Pubblico sia vera tv, neo-tv, post tv o quant'altro. A me sembra della buona tv che va su Sky, con un allaccio alla Rete e la copertura delle tv locali. Nulla di più e nulla di meno. Molto lontana dalle velleità della multi-piattaforma e della partecipazione attiva del pubblico. Anche la scelta di Facebook, il social network più generalista, rappresenta la volontà di battere sentieri già conosciuti, evitando di addentrarsi nei media sociali più critici (e attivi) come Twitter, ad esempio.
Ecco perché mi convince poco quanto ha dichiarato all'indomani della prima puntata Carlo Freccero, guru di tutte le tv e soprattutto ispiratore del network Altratv.tv (è stato lui a consigliarci, soprattutto nei primi tempi di vita dell'osservatorio che oggi annovera 533 micro web tv italiane mappate).
Così Carlo Freccero sul Fatto Quotidiano: “Mettiamoci un bel punto, spazziamo il vecchio. Andiamo oltre il nemico, il contraddittorio, il pesetto di maggioranza. Non c’è bisogno di avere la Santanchè o Ghedini. Questa comunità ha rivoluzionato la televisione. Stringiamoci intorno al nuovo, e smettiamola di creare teatrini e presepi con chi dice qualcosa e chi replica col contrario. Abbiamo visto una trasmissione nuova con un modo nuovo”.
Bah. Ho qualche perplessità. Anche alla luce di una lettura mattiniera che ho trovato in Rete e che mi era sfuggita. Mi riferisco all'analisi di qualche giorno fa effettuata da Giovanni Boccia Artieri, Università di Urbino, che su Apogeo ha scritto: “È vero, che ci sia il web, che si facciano i sondaggi su Facebook, che il pubblico diventi follower su Twitter rappresenta, al solito, un tema di estremo interesse per i media generalisti. Ma quella che abbiamo visto resta televisione, una tv che sostituisce al televoto il like. La partecipazione degli azionisti diffusi non l’abbiamo vista. Fatevi fare domande dal web, mandate nel sottopancia i tweet o fateli scorrere in uno schermo dietro chi parla prendendole come provocazioni, create canali multipli di interazione, portate la redazione social network in studio…”.
Anche di questo ne riparleremo al nostro incontro nazionale di giovedì 1 dicembre a Bologna: proveremo a smontare la Rete e in fondo noi stessi che la popoliamo.